venerdì 12 dicembre 2008

Turismo in tempi di crisi

dal Corriere di oggi

Il pullman degli sciacalli

Lo spietato tour tra le abitazioni in vendita. Sotto gli occhi dei proprietari. Schiacciati dai debiti

Sulla parete alle sue spalle, Ronald Buckley ha appeso quattro cose che riassumono il suo codice genetico: la foto di Reagan campeggiante come un orologio con le lancette spezzate; un crocifisso, lievemente più in basso rispetto al presidente; lo scudetto della sua squadra di basket, e una scritta a caratteri cubitali: «Non può esserci una crisi la settimana prossima: ho già l’agenda piena di impegni». È di Henry Kissinger. Datata 1969, ovvero quando Ronald era un quasi trentenne tutt’altro che sfiorato dai turbamenti dell’epoca. Il signor Buckley pare un tipo che sa sempre da che parte stare. E siccome sta per guidarmi dentro a un safari molto particolare, sono contento che sia lui la mia guida spirituale. La caccia grossa si fa a bordo di un pulmino verdognolo tappezzato di slogan inneggianti affari mirabolanti. “Fantastic Foreclosure Repo Tours”(foreclosure è l’impossibilità di pagare un debito, repo è sinonimo di rimpossessarsi). Salgono una decina di persone, ma nei weekend i mezzi sono due, e gli iscritti all’escursione anche cinquanta.

I vetri sono lievemente oscurati, perché un briciolo di discrezione non guasta. La mappa del tesoro è tra le mani di Ronald che si aggiusta l’anello grande come una nocciola, prima di spiegare l’obiettivo della pattuglia: «Vedremo una quindicina di proprietà in due ore e mezzo. Saremo di ritorno per pranzo. Mi consegnerete la scheda col vostro livello di gradimento.Vi preghiamo di seguire attentamente le indicazioni della vostra guida. Sono a disposizione per qualsiasi domanda». Un pensionato chiede se è prevista una sosta caffè. Ronald sorride paterno: «Of course». Si parte. L’avventura può cominciare. C’è una crisi. Profonda, lancinante. I dati ufficiali confermano che a fine 2008 in America un milione e mezzo di proprietari dovranno abbandonare casa per insolvenza. Schiacciati dal mutuo. Circa la metà di queste proprietà torna alle banche che hanno urgenza di rimetterle sul mercato. Ronald Buckley dall’aprile scorso è una sorta di “facilitatore”. È colui che va in giro a mostrare le case disponibili. Una specie di entomologo a spasso in un zoo peculiare. La gente fa domande specifiche («Quanto consuma di aria condizionata? », «Dov’è lo Starbucks più vicino?») e lui risponde con dovizia di particolari ed entusiasmo. Perché c’è crisi, ma lui ha l’agenda piena di impegni. «Ci sono migliaia di persone là fuori che domani faranno l’affare della loro vita» declama impostando la voce. Ce ne sono altrettante, oltre i vetri fumé, che ci guardano come sciacalli assetati di sangue. E un po’ lo siamo».

Qualcuno li chiama gli “Heartless Tours”, i tour senza cuore. Frugano tra le macerie di chi ha perso tutto. Ci sono case in cui le persone non hanno ancora finito il trasloco. A North Miami, una villetta cui Ronald assegna quattro stelle, ha ancora sul patio una fila di scatoloni pieni di effetti personali. Una vicina ci vede arrivare e si chiude in casa dopo aver fatto una smorfia inequivocabile. Sul bus una coppia di mezza età domanda: «Potremmo costruire una jacuzzi in giardino?». «Of course» sentenzia il vecchio Ron. Il fenomeno si allarga con velocità direttamente proporzionale al crollo verticale del mercato immobiliare. È un mercato parallelo anabolizzato, surreale per certi versi. I primi a cogliere l’attimo sono stati in California. Poi è toccato ad Arizona, Texas, Michigan e naturalmente Florida. I prezzi sono più che ghiotti: per una casa che un anno fa aveva un valore di mercato attorno ai 200 mila dollari, ora ne bastano 75 mila. Quando Ronald ci mostra un elegante appartamento con tre stanze da letto, in un lussuoso edificio con richiami all’Italia, spiega che la proprietà ha appena cinque anni e che costa solo 490 mila dollari. Poi fa un sorrisetto e si corregge: «Costava così all’acquisto nel 2006, ora la trattiamo per circa 272 mila».

L’idea del “Foreclosure Repo Tour” è venuta a un immobiliarista della California. Si chiama Nick Dias ed è il ras della Central Valley, ampia area residenziale travolta dalla crisi. Lo chiamo per chiedere lumi: «Non posso fare nulla per la gente che ha perso la casa. Non li conosco. Ma posso essere utile a mantenere il mercato vivo e a combinare buoni affari per chi ne voglia approfittare. È un bene per la comunità». Ogni weekend il suo autobus dotato di tutti i comfort fa il tutto esaurito. «It’s a lot of fun» aggiunge. È un sacco bello. Dipende da come la si vuole guardare. E mi anticipa che la rete Tlc sta varando il primo reality sul genere: hanno girato le prime puntate a Chula Vista e Stockton, sempre in California, e andranno in onda a febbraio. Il suo sito illustra volti di gente felice. Coppie giovani o pensionati che hanno trovato la casa dei sogni a un terzo del prezzo. Un po’ come sopravvivere con il cuore di un donatore. Il pensionato che chiedeva del caffè mi dice che lui alla gente sfrattata ci pensa e gli dispiace: «Ma se compro la loro casa, aiuto il sistema a non crollare del tutto. Il quartiere non soffrirà e la banca nemmeno. E magari quelle persone troveranno la loro chance altrove». Magari. Ronald annuncia che entro fine settimana arriveranno altre 40 proprietà sulla sua scrivania. Incoraggia i clienti a compilare attentamente il formulario con ogni dettaglio relativo ai loro desideri, per essere accompagnati nel tour più adeguato (prezzo, dimensione, amenità, ecc.). L’ultimo stop è una casa bassa con giardino e patio interno. Ha l’aspetto decadente e il prato maculato di buche e cartacce. Entriamo con un irragionevole sospetto. Ronald spiega che la proprietà richiede qualche restauro, ma che il prezzo invita a una profonda riflessione. A terra nell’ingresso c’è la tastiera di un computer, il relitto di un tostapane, un materassino e qualche scheletro di lattina di birra. Le porta principale è sfondata da quello che sembrerebbe un calcio. Alcune finestre sono in frantumi. Ronald si fa serio: «Per qualcuno andarsene non è una bella esperienza». Già.

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